È davvero tutto strano, molto strano. Per alcuni versi sembrano passati anni, per altri solo pochi giorni. Un anno di pandemia ci ha cambiato e per quanto ci sforziamo di guardare avanti, non passa giorno che, puntualmente, i media ci ‘aiutino’ a ricordare come eravamo e cosa accadeva nel 2020.

Nell’editoriale di SportdiPiù Magazine 63/2020, in pieno lockdown, scrivevo: “…organizziamoci per ripartire, non buttiamoci a capofitto su nuove avventate iniziative ma nemmeno trinceriamoci in un controproducente immobilismo. Facciamo trascorrere questo tempo ma non sprechiamolo. Risparmiamo ma allo stesso tempo investiamo in aggiornamento e nuovi strumenti di comunicazione. Confidiamo nelle Istituzioni ma rimbocchiamoci le maniche. Non andrà tutto bene, ma non sarà nemmeno una disfatta. Il nostro futuro passa da questi step ma soprattutto dalla nostra mentalità sportiva: si scende in campo sempre per vincere, anche se l’avversario è più forte. Per farlo non basta solo correre ma serve intelligenza, tecnica, preparazione, coraggio”.

Rileggendo queste righe mi rendo conto che molto del tempo che abbiamo vissuto e trascorso dal giorno zero ad oggi non è stato utilizzato al meglio: si è detto troppo e fatto poco.
Quando finirò tutto questo? Nonostante le numerose ipotesi, nessuno lo sa.
Tutto ciò che stiamo sopportando potrà, in un futuro non lontanissimo, restituire al mondo una popolazione migliore, più consapevole? Vorrei rispondere ‘si’, ma poi mi guardo intorno e i mille dubbi mi assalgono.
Ciò che più mi rattrista di più in questa brutta faccenda è vedere i nostri giovani (le generazioni future, quelle che dovranno garantire un futuro alla nostra società…) bistrattati, scombussolati, abbandonati, quasi dimenticati. A loro abbiamo tolto troppo e dato troppo poco. Abbiamo dimenticato cosa significa essere bambini, adolescenti, ragazzi.
Ci siamo scordati delle loro esigenze e delle loro motivate pretese. Lo sport poteva aiutarci a rendere tutto meno ‘brutto’. Ma anche lo sport è stato messo nel dimenticatoio.
Centri sportivi, piscine, palestre sono state indicate come top location per diffusione e propagazione del Covid. In generale l’attività fisica è stata demonizzata, senza avere dati certi su cui fondare queste teorie.

In presenza di problemi si cercano soluzioni e contromisure. Per lo sport ai tempi del Covid, invece, si è semplicemente deciso di fermare tutto, un atteggiamento conferma – ahimè – che a quel famoso “euro investito nello sport che ne fa risparmiare tre in salute” non ci crede nessuno, in primis le istituzioni che in più di un’occasione hanno dimostrato indifferenza nei confronti di chi reclamava il diritto di praticare la propria disciplina.
Dobbiamo guardare avanti, è vero. Dobbiamo sperare nel futuro e che tutto, prima o poi, si sistemerà. Pensiamo che #tuttoandràbene (odiosissimo hastag) che tutto tornerà alla normalità, che torneremo più forti di prima. Sicuramente prima o poi il virus ci lascerà liberi.
Già, ma intanto, che si fa? Personalmente non so rispondere.
Di sicuro se tutti tornassimo ad utilizzare più buon senso e parlassimo meno questo periodo di restrizioni potrebbe essere accettato con meno difficoltà e ‘cattiveria’.

L’unico ‘consiglio’ che mi sento di dare è questo: quando ci viene voglia di alzare la voce per rivendicare i nostri diritti (magari dimenticandoci i nostri doveri…), guardiamo negli occhi i nostri ragazzi.
Salviamo i nostri ragazzi, salviamo lo sport, salviamo il nostro futuro. Facciamo subito.

Alberto Cristani